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Mito e mistero, l'uno e l'altro generano, se vogliamo, una mistica, e sia con l'uno sia con l'altro si riesce ugualmente a evadere dalla «prigione delle chiarezze». Ma queste due mistiche presentano caratteri tanto opposti quanto quelli delle rispettive fonti: da una parte sarà lo stato dionisiaco, con il suo irrazionale «inebriante, delirante, equivoco»; dall'altra la casta e sobria ebbrezza dello Spirito. Se entrambe portano così a infrangere l'individualità, «questo miserabile riparo di vetro», lo fanno in un senso ancora assai differente, poiché il primo non riesce che a dissolvere l'essere umano nella vita del cosmo – o in quella di una società anch'essa «tellurica» –, mentre il secondo esalta in ciascuno l'elemento più personale per realizzare una comunicazione tra tutti gli uomini. Del resto non significa che quest'ultimo rigetti puramente e semplicemente il primo. Non più di quanto lo faccia la ragione nell'ordine umano, il mistero non rifiuta ogni uso del mito; anzi, in parte lo assume, lo filtra, lo purifica; in certo modo lo esorcizza. (it) |