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In tanta fioritura di studi critici, che par abbiano interamente assorbito il pensiero moderno, desta sorpresa il veder lasciata in un quasi completo abbandono la nuova poesia latina, che, rinata con l'umanesimo e coltivata, si può dir senza interruzione, fino ai nostri giorni, non è l'ultima gemma onde s'adorni il genio italico, e che dal Pontano, dal Poliziano e dal Sannazzaro al Grosso, al Vitrioli, al Pascoli, vanta poderosi e geniali cultori. Ed è uno spettacolo ben triste quello a cui noi tutti i giorni assistiamo di sciaurati che mai non fur vivi richiamati a galla dal fiume dell'oblio, nel cui letto, a loro e a nostra pace, sarebbero pur tanto bene restassero adagiati, mentre invece, senza onor di gloria e di fiori, riposano nel cimitero della nostra letteratura poeti veramente ispirati e degni certo di culto e di ricordo. Ma tant'è! scrissero in latino; chi li capisce più? È già troppo se non si è dato lo sfratto a Cicerone e a Virgilio, come si sta per fare con Demostene e con Omero. Eppure, i più bei fiori del rinato latino, chi lo crederebbe? non son tanto sbocciati sui germogli dell'umanesimo, quanto sui nuovi getti del risorto volgare. (it) |