Mention556278

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so:text L'ultimo rifugio per un uomo tormentato da altri uomini è sempre una preghiera, una giaculatoria al Dio crocifisso. Nel tormento del dolore, noi lo riconosciamo, ed egli ci riconosce. Il nostro Dio non fu lapidato come ebreo da ebrei, né decapitato come romano da romani. Egli non poteva essere decapitato. Un capo nel senso giuridico egli non l’aveva più, perché non aveva più diritti. Morì la morte degli schiavi, la crocifissione, che un conquistatore straniero gli aveva irrogato. Talvolta si aprono d'improvviso le porte della nostra prigionia, e si presenta una via segreta: è una via che conduce all'interno, a molte forme del tacere e di silenzio, ma anche a nuovi incontri e a un nuovo presente. Finché la nostra coscienza rimane congiunta al lavoro della nostra esistenza terrena, un legame nuovo con il passato, una personale coesistenza con i pensatori la cui situazione corrisponde alla nostra, si stabiliscono contatti e colloqui, la forza dei quali sposta le montagne di intere biblioteche e il cui fuoco brucia la falsa autenticità di accumuli giganteschi di materiale... Anime e spiriti ci parlano di persona, di noi, di se stessi. Sto pensando ai poveri uomini sofferenti, uomini in una solitaria situazione di pericolo, simile alla mia vita il cui pensiero sta tutto in questa situazione, così che ben li comprendo e posso esser sicuro che essi mi comprendono. (it)
so:isPartOf https://it.wikiquote.org/wiki/Carl_Schmitt
so:description Ex captivitate salus (it)
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Triples where Mention556278 is the object (without rdf:type)

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