Mention563179

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so:text Sono passati gli anni, ben due secoli, abbiamo provato ben altri terrori, altre maschere maligne hanno solleticato e insieme catarticamente liberato le nostre più intime paure, ma Frankenstein rimane uno dei più agghiaccianti romanzi neri o gotici mai scritti. Può colpire nella scrittura un tono a volte scolastico, antiquato, irritare una certa indulgenza all'iperbole, annoiare una certa tendenza a disseminare qua e là citazioni forse fin troppo dotte; può sembrare poco credibile, addirittura farci sorridere l'idea che il mostro si istruisca fino a rendersi capace di leggere gli stessi libri che sta leggendo Mary, e cioè il Paradiso perduto, le Vite di Plutarco, I dolori del giovane Werther. Ma al di là del tono a volte enfatico che lo allontana dal nostro gusto moderno, il romanzo di Mary Shelley è, in realtà, modernissimo. E più forte degli echi miltonici, o alla Coleridge, più forte ancora vibrano in esso anticipazioni di accordi nuovi, alla Poe, alla Melville, che aprono alla science fiction a venire, alla scienza e alla narrativa moderna. (it)
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