Mention566144

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so:text Sisifo viene condannato a spingere un pesantissimo macigno fino alla cima di una montagna; nell'attimo stesso in cui questo sforzo si completa, la pietra rotola a valle e Sisifo deve ricominciare da capo. Spingere verso l'alto la pietra, vederla ogni volta ricadere e avere conferma dell'inutilità degli sforzi: ecco il supplizio. Difficile immaginare una situazione più disperata. Ma se cambia il punto di vista, seguendo l'intuizione di Albert Camus, si può arrivare a una valutazione diversa. Dovremmo chiederci cosa passi per la testa di Sisifo mentre osserva la pietra che rotola a valle, sapendo di doverla fare salire di nuovo, infinite volte. È in quell'attimo disperante, scrive Camus, che si manifesta la forza della presa di coscienza. Si tratta di un mito tragico, proprio perché l'eroe è cosciente della pena che deve sopportare, conosce la causa del suo tormento – la passione per la vita che l'ha portato a contraddire gli dei – e non si può pensare a Sisifo senza ammirarne la forza d'animo, la speranza invincibile. È un eroe consapevole della sua tragica condizione, non può fare a meno di pensarci mentre ridiscende a valle per ricominciare la sua fatica, allo sforzo si accompagna una coscienza di sé sempre più acuta. Perciò, conclude Camus, Sisifo ci insegna "la fedeltà superiore, che nega gli Dei e solleva i macigni... Ogni granello di quella pietra, ogni bagliore minerale di quella montagna, ammantata di notte, formano, da soli, un mondo. Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice". Come certi tifosi dell'Inter. pp. 11-12 ISBN 88-6041-001-0 (it)
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so:description Citazioni di Rudi Ghedini (it)
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