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I tronchi d'albero che dipingo sono per me dei personaggi coi quali, fin da piccolo, ho avuto dei rapporti umani. Hanno vissuto la mia stessa vita, li conosco, sono certo che mi riconoscono, mi raccontano la storia della vita e la mia storia. Quando torno nelle mie montagne li vado a salutare tutti, uno per uno, li guardo, li osservo, li abbraccio, gli parlo, mi ascoltano, trattengo con loro un dialogo, sono certo che mi capiscono. Siamo amici, li dipingo più volte ogni anno, la loro amicizia mi rassicura e mi tranquillizza. Ovviamente succede come con gli amici: conosco spesso anche altri alberi. Ma con quelli di Caldes il dialogo umano è più forte. Mentre dipingo i miei alberi li scopro sempre più a fondo, come accade nel dipingere un volto o un nudo, sento una totale comunione tra me e loro, come se io fossi un albero e loro me. Infatti gli ho dato un nome, come hanno un nome i miei amici, uomini e animali; fiato di dipingere, mi siedo al loro piede, faccio colazione mentre il dialogo continua; quando infine me ne vado per tornare a casa li saluto, allontanandomi sento dentro di me nostalgia come quando lascio un amico. Capita poi che qualche albero muoia durante le mie assenze, o che venga abbattuto dagli uomini e allora avverto un grande vuoto, come quando si perde un amico. (it) |