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Paradossalmente non è la questione curda che oggi definisce una linea di frattura nello scenario iracheno, bensì la questione sciita, e ciò avviene per diversi motivi: i curdi sono definiti territorialmente, e hanno già avviato un processo di democratizzazione nella no-fly zone; la decisione turca di non inviare per il momento truppe in Iraq è significativa in proposito. Per gli sciiti la questione è più complessa: non sono definiti territorialmente, la loro identità è confessionale e non etnica come nel caso dei curdi, e inoltre una parte degli sciiti ha un doppio punto di riferimento: Bagdad e Teheran. Non si scordi che l'ayatollah al Hakim, assassinato nel settembre scorso, tornava da un esilio in Iran. Perciò gli sciiti costituiscono la vera incognita: quale tipo di sciismo avremo in Iraq, quello rivoluzionario o quello democratico? Vi saranno tentazioni di egemonia regionale da parte di Teheran? E in questo scenario, quale sarà la futura reazione della Turchia, che pure ha dato finora prova di grande saggezza? Perché in realtà queste geografie nascondono un antico conflitto mai sopito: quello della grande rottura fra sciiti e sunniti. (it) |