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Da ragazzo ero allievo di Wilcock l'ingegnere-scrittore argentino che, per insegnarmi cos'è la scrittura, mi faceva leggere l'Aleph di Borges al contrario, un paragrafo alla volta. Wilcock mi prendeva affettuosamente in giro. Mi insegnava ad amare i cani e a fare i raggi X ai luoghi comuni. Disprezzava la psicologia ma poi aveva una finezza di ascolto da grande psicanalista. Una volta mi disse: «Sai che mi ha detto oggi tua madre al telefono: Signor Wilcock, sono preoccupata: mio figlio è a letto con l'influenza e non mi mangia. Tu lo capisci in che guaio ti trovi? Lei vuole che te la porti al letto e te la mangi!» L'ironia di Wilcock era pari a quella di Flaiano. Come il suo surrealismo. Poteva sembrare amaro ma in realtà era un uomo buonissimo. (it) |