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Bill: Hai dei motivi spirituali per cui sei contraria alle lenze?
Janet: È così che si pescava secoli e secoli fa.
Bill: Sì, questo te lo concedo.
Janet: Andrai via domani?
Bill: Credo di sì.
Janet: Mi mancherai!
Bill: Eppure ci conosciamo da così poco...
Janet: «Ciò che sei non l'hai mai saputo, sei stato come assopito durante tutta la vita, | le tue palpebre sono rimaste socchiuse tutto il tempo, | ciò che hai fatto già torna in guisa di sberleffi, | gli sberleffi non sono te, | sotto di loro e dentro di loro, ti scorgo in agguato.»
Bill: Di chi è?
Janet: Walt Whitman!
Bill: Non avrei mai creduto che l'avrei sentita recitare da una ragazza che sta curando un pesce di venti chili!
Janet: Ma è così che dovrebbe essere recitata. Scriveva senza rima, senza metrica, versi liberi, solo quello che sentiva lasciandolo scaturire con il suo ritmo intricato. Pura passione spudorata, senza alcuna restrizione.
Bill: Mi dispiace, io non sono affatto d'accordo!
Janet: Perché?
Bill: Perché qualcuno ha osato sostenere che anche la poesia ha alcune regole.
Janet: O te le puoi inventare!
Bill: Ecco, vedi, questa è la parte che non posso accettare!
Janet: Perché?
Bill: Se tutti andassero in giro stabilendo le proprie regole, come potremmo trovare la verità? Non ci sarebbe niente! Niente su cui basarsi.
Janet: «Una notte | ho squarciato la mia pelle di cicala, | ho divorato le tue foglie, | ignorando ogni veleno, | negando ogni legge alimentare, | in quella cecità larvale, | una genuina voracità.»
Bill: Di chi è?
Janet: È mia! A volte la verità sta di fronte a noi e noi le andiamo incontro senza neanche sapere che è lì. Quando credi di aver risolto tutto, che cosa ti resta? (it) |