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Stevenson si trovava, rispetto alla narrativa storico-avventurosa del romanticismo, in una posizione simile a quella di Ariosto e di Cervantes, uomini colti e moderni, rispetto alla tradizione esausta della letteratura cavalleresca. Ma Ariosto e Cervantes operarono, ognuno a suo modo, un capovolgimento, entrarono in polemica con quel mondo; mentre Stevenson, con tutta la sua raffinata educazione letteraria, dice di preferire a ogni altro libro Il visconte di Bragelonne, e si volta a quelle rappresentazioni di virtù esatte e risolute, a quella limpidezza di contorni nelle vicende umane, a quella salute che sprizza fuori da tutti i pori degli eroi romanzeschi tradizionali, in implicita opposizione a un mondo che gli appare carico d'ipocrisie e di disperazione, carico di quel greve senso di malattia e di disgregazione che egli si trascina dietro nel suo corpo di tubercolotico, da un sanatorio all'altro, per tutta Europa, tra letto e chaise-longue e scrivania. (it) |