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Mi è già capitato di osservare in passato che nell'esperienza di Francesca Simonetti c'è una costante ricorrente, che è anche la cifra inconfondibile della sua poesia: un'interferenza continua del pensiero sull'immagine, che si traduce formalmente nell'andamento incalzante e nel tono discorsivo dentro l'intenzione lirica. Direi che ciò vale ancora di più nella sua nuova raccolta, questa sinfonia Per sillabe e lame, complessivamente rivelatrice dell'originale e felice capacità dell'autrice di tradurre il dato filosofico-riflessivo in immagine poetica in relazione a quello che è l'assunto della silloge, introdotta da un richiamo fulminante di Saramago a proposito della distanza minima che ci separa dalle stelle e corroborata da un breve prologo in cui si dichiara la consapevolezza che "la poesia cerca di costruire un ponte fra i due estremi", il finito e l'infinito, con il suo "narrare la realtà" che si muove verso il futuro e l'ignoto "melodiando la parola. (it) |