so:text
|
Centinaia di statue, di gruppi, di bassorilievi e d'iscrizioni dovevano decorare questo sontuoso edificio che conteneva non meno di 87000 spettatori e la cui inaugurazione – sotto Tito – fu solennizzata con cento giorni di feste. Bisogna salire sull'ultima serie di gradinate e di là guardare l'interno del circo in uno di quei crepuscoli romani che sembra debbano versare oro e porpora sulla terra, per ricostruire la scena di quell'edificio sontuoso, come doveva essere tutto splendente di marmi e bronzi dorati, tutto fremente di popolo, fra le urla delle belve e gl'incitamenti dei combattenti, nello dell'arena gialla che ne ricopriva il suolo e dei che ardevano incensi in onore delle divinità, sotto le grandi alternative di ombra e di luce lasciate dal velario, in una discordante armonia di colori, di suoni, di frastuoni, di luci, di profumi, di sentori e di grida, quasi in una suprema apoteosi di forza sotto la gloria del sole che lo inondava dei suoi raggi più luminosi. Poi all'uscita, quando gli ultimi servi dell'arena trascinavano con gli uncini i corpi degli uccisi, tutta quella folla si riversava tumultuando e discutendo dentro il vicino Foro o nelle viuzze che circondavano l'edificio colossale, mentre l'imperatore accompagnato dalla sua scorta risaliva nei suoi palazzi del Palatino a traverso il criptoportico o galleria sotterranea che li riuniva all'anfiteatro di modo che potesse accedervi senza mostrarsi sulla pubblica via. (it) |