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Il film si offre allo sguardo attraverso il suo approccio osservazionale. E la contraddizione di Brüggeman è nel volere evocare il sacro da un discorso eminentemente politico . Invece il miracolo, soprattutto al cinema, non si spiega, lo si fa vedere all'opera. E lo si mostra, stando alla lezione di registi come Pialat, come discontinuità del reale, come possibilità di uno scandalo, come segno dell'occhio che vede troppo o troppo poco. Brüggeman, purtroppo, ancorato alla sceneggiatura della sorella resta prigioniero del suo progetto formale e ideologico senza riuscire a compiere il balzo, filmico, verso l'ineffabile. Kreuzweg è anche un film potente ma irrisolto, che mentre da un lato progetta di lasciare le porte aperte all'indicibile, le chiude senza remore. In questo senso, piuttosto che corteggiare Dreyer, modello irraggiungibile, sarebbe stato utile ripassare la lezione di Ulrich Seidl. (it) |