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Ora mi pare che, novello Ulisse, l'uomo moderno si sia legato all'albero della nave e in più, con la cera, abbia murato i suoi orecchi e abbia perfino sigillato le sue palpebre per non vedere. Egli, così, si sente forte e sicuro; crede che se le bende cadessero si sentirebbe fragile, debole, in balìa di forze che non conosce perché estranee ai suoi perfezionati sofismi. Come Ulisse noi ci spingiamo per lo stretto angusto della nostra vita; mentre laggiù, sulle rive sterminate, la folla dei nostri angeli ci chiama disperatamente, si agita, si affanna, inascoltata. E a ognuno di noi che cade un urlo altissimo risponde, come se l'angelo fosse la nostra anima che va in giudizio, carica di errori e di colpe. (it) |