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Valgimigli affida le sue sorti non ad apparati di critica testuale di erudizione antiquaristica o a un'edizione critica, ma a traduzioni di testi, non per la prima volta da lui tradotti, ma certo rivelati e discoperti quasi fosse la prima volta; testi, su cui s'è accumulata un'esegesi millenaria e un secolare travaglio ermeneutico, eppure accostati e penetrati nella loro nudità, vorrei dire nella loro verginità, nel loro originario vigore e sapore, quasi l'onda del Tempo li avesse più volte sfiorati senza toccarne la sostanza. Opera di fiducia e di amorosa tenacia, di salda tensione spirituale appena dissimulata nella pacata e chiara forma dello stile, nella suasiva ritmica armonia di una scrittura senza equivoci e senza ambivalenza, arcaicamente e modernamente pura, profonda, viva, sottilmente vibrata, deliziosamente composta nei suoi còla ora corrispondenti ora dissoni, ora succedentisi, ora alternantisi.
È la magica prosa di Valgimigli che ha le sue pause e le sue cadenze, il suo ritmo: che certo l'usura del tempo risparmia e risparmierà. (it) |