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La sosta a Ulan Bator è stata breve, e già siamo di nuovo in volo attraverso il deserto di Gobi, corso dalle alte nuvole di sabbia purpurea, che l'implacabile vento della Mongolia solleva da ogni parte dell'orizzonte. Lo spettacolo è terribile e meraviglioso. Fin dove giunga lo sguardo, questo mare di sabbia quando rossa quando gialla quando viola si stende all'infinito, ora con lievi ondulazioni, ora con improvvisi tumulti di rocce nere, lucenti come rupi di ossidiana, ora placandosi in crateri immensi, bianchi di sale. Lunghe file di cammelli punteggiano di quando in quando il deserto: sono le carovane che dalla Mongolia vanno al Sinkiang, il Turkestan cinese, al Tibet, allo Shansi, alla Cina centrale, a Pekino. Percorrono l'antica «via della seta», portano pelli grezze, pellicce, lana, tappeti preziosi.
È il deserto di Gobi che domina e regola il clima di gran parte dell'Asia continentale: la sua sabbia, portata dal vento, giunge fino a, fino alle rive del Pacifico, copre di una impalpabile coltre gialla le pianure della Cina settentrionale e centrale. Non v'è Grande Muraglia che possa impedire il passo alla sabbia del Gobi. (it) |