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Le blande e facili melodie dellOberto non hanno penne agili e robuste, il loro volo è debole e corto e l'atmosfera sulla quale si librano affannosamente è densa e pesante. Le inevitabili cavatine e cabalette, il duetto di convenzione e la stretta di rito nei finali camminano tutte sulla falsariga delle opere della prima maniera del Donizetti e del Mercadante. Un solo pezzo, un quartetto composto all'ultima ora e del quale il Merelli, l'impresario della Scala, suggerì la situazione e il Solera scrisse i versi, fa presagire la vibrazione futura dell'arpa verdiana. Quel quartetto è la migliore, anzi l'unica pagina veramente bella dell'opera: si potrebbe quasi chiamarla l'aurora del Nabucco. (it) |