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ho voluto aprire il Nuovo Testamento, unico libro che voglio avere qui davanti a me, in un nascosto cantuccio della soffitta, dove mi ritiro, alla luce d'una povera tegola di vetro, per fuggire il più possibile dagli occhi umani. Da tavolo, mi servono le ginocchia; da sedia, una vecchia valigia.
– Perché non scrive nella sua cella? – dirà qualcuno. Il buon Dio credette bene di privarmi anche della cella, benché qui in casa ce ne siano parecchie e vuote. Ma son contenta e ringrazio Dio d'esser nata povera e di vivere, per Suo amore, ancor più povera. E va bene. Non ho bisogno d'altro: obbedienza e abbandono in Dio, che opera in me. In realtà, non son altro che il povero e miserabile strumento di cui Egli vuol servirsi, e che fra poco, come il pittore che getta al fuoco il pennello che non serve più, affinché si riduca in cenere, così il Divino Pittore ridurrà alla cenere della tomba il Suo strumento diventato inutile, fino al grande giorno dell'alleluia eterno. E io desidero ardentemente quel giorno, perché la tomba non distrugge tutto, e la felicità dell'amore eterno e infinito comincia lì. (it) |