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Le vere novità erano nate fuori dal Palazzo: come la Lega di Umberto Bossi. Che all'inizio anche il «Giornale», come molti altri, sottovalutò. Come si faceva a prender sul serio un invasato che nutriva le sue invettive di sfondoni storici e grammaticali da far accapponare la pelle? Che Roma fosse ladrona, era indubitabile. E l'avversione per la burocrazia parassitaria e per il meridionalismo piagnone e sprecone andava a nozze con le tradizioni del «Giornale». Bossi quindi incarnava un sentimento molto diffuso anche fra i nostri lettori, una protesta genuinamente qualunquista che, per certi versi, all'inizio anche noi appoggiammo. Ma dovemmo prenderne le distanze quando Bossi cominciò a condire le sue contumelie contro il Palazzo con propositi secessionisti. (it) |