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Sul ponte di Genova che è crollato ci sono passato centinaia di volte.
Sta in mezzo a tanti buchi fatti nelle montagne per chilometri e chilometri. Il verme infinito dell'autostrada striscia tra paesaggi domestici in quel pezzo d'Italia. Proprio in fondo al ponte, in direzione di Livorno, mi ricordo delle casette contadine, pezzetti di orto e qualche anziano con la zappa a pochi metri dalla strada. Come oleogrammi di un passato che non riesce a passare. Testimone del tempo che da quelle parti ha stravolto tutto: case, strade e passioni politiche. Tutto, ma non l'anima dei terrazzamenti.
Il ponte Morandi era un'eccezione.
Fino a lì, partendo dalla Francia o dalla Toscana, avevi la sensazione che la natura impervia fosse solo parzialmente penetrabile, ma ti ricordasse costantemente che era sempre presente costringendoti a fare curve su curve per girarle attorno senza poterla scansare mai.
Poi: il ponte!
Un salto in lungo, un'acrobazia. (it) |