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È tipico di questo Paese: è sempre colpa di un altro. È sempre colpa di quello che veniva prima, di quello ha fatto il lavoro prima. Che se cambi dentista quello ti visita e fa la faccia angosciata che tu vorresti morire e ti dice: «Guardi, io non parlo mai male dei colleghi, ma qui le hanno combinato un disastro. Tiè, guarda qua che roba.» Che tu non hai proprio la scienza per contraddirlo e neanche per dubitare di quello che dice e comunque il problema non si pone perché hai i ferri in bocca e non puoi parlare per cui abbozzi e ti sottometti muto, impotente. E paghi 1200 euro. Stessa cosa con il governo appena insediato, che trova un buco di mille miliardi di debito lasciato dal governo precedente, e al precedente governo non gli sta bene che si dica così, allora accusa il precedente ancora, che a sua volta accusa il precedente, fino a risalire a un governo talmente indietro nel tempo che sono ormai tutti morti, e che pure, nelle tombe, bofonchiano che la colpa è di quelli prima. E tutto il paese va avanti così, in un susseguirsi di truffe di cui è responsabile sempre quello di prima, o quello prima ancora, e comunque mai di chi la fa in quel momento, e questa è una piccola magia tutta italiana, milioni di cittadini e nessuno ha una sola responsabilità, ed è magnifico perché la responsabilità è come una palla che rimbalza in un campo e la colpa, se l'abbiamo persa, è del centrocampista che accusa il difensore che dice che il mediano è un mentecatto, e questo vale per tutto il paese – è una grande catena di sant'Antonio, è quasi una festa, per tutti tranne per chi viene fregato e si guarda indietro con un vago senso di malinconia, di disagio, perché è impossibile capire da dove la fregatura provenga, forse da altre epoche, da tempi lontanissimi in cui si girava scalzi e si moriva di vecchiaia a trent'anni, ma poi subito gli torna il buonumore perché una sòla, così come la ricevi, la puoi anche restituire: grandi professionisti noi siamo in questo gioco al ribasso, dove vince il più audace e sfacciato: «ma si figuri» «fosse per me» «lei l'avrà capito che se dipendeva, altroché». Che significa? Cosa dicono? Non ha importanza. Perché nel frattempo si è sviluppata un'intera comunità di persone fintamente affrante per i disastri commessi da altri, ma subito pronte, se ben retribuite, a riparare il danno. «Ma il danno è grave, eh?» «Non mi faccia mettere le mani avanti.» «Noi qui ci proviamo, non è detto che si risolve.» «Noi proviamo, noi non li facciamo i miracoli.» Quando in realtà il miracolo d'ingegno è la catena stessa, per cui già da domani altri interverranno sulla lavatrice, sul motorino, sul premolare o sul governo del paese e ancora una volta diranno: «Qui signori è tutto da rifare, colpa degli altri, noi ci proviamo. E speriamo bene. (it) |