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Fedele al carattere genovese, la piazza si direbbe faccia di tutto per non ostentare la monumentalità delle sue vestigia storiche, e voglia apparire poco più d'uno slargo di quella che ora si chiama Via Gramsci e prima della guerra si chiamava Via Carlo Alberto. Né il nome vecchio né il nuovo s'intonano minimamente al carattere di questa lunga e larga strada fiancheggiante i cancelli del porto, percorsa dal passo dondolante dei marinai di tutto il mondo, dallo strisciare degli alti tacchi di procaci sirene, dal brulichio di traffici d'ogni sorta. Qui agli sguardi degli equipaggi appena sbarcati la terraferma si presenta come il mondo del provvisorio: piccoli bar, scale di locande, odore di frittura delle trattorie, agenzie di navigazione, gracchiare di radioline e di juke-box. Mentre il mondo galleggiante che dall'altra parte della via affaccia le sue ciminiere da sopra le tettoie delle installazioni portuali appare come il regno della stabilità, della permanenza.
Tutto qui significa passaggio, traversata, partenza, addio. Quante attese angosciate d'emigranti sono state vissute in questi paraggi, quanti avventurosi cambiamenti di fortuna hanno preso le mosse da qui. , pp. 2404-2405) (it) |