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Non un'Arcadia era certo allora la vita a Comiso, per i tanti che il bisogno sparpagliava nel pulviscolo dei minuti mestieri: il lampiunaru che all'imbrunire, appoggiata la scala al fanale, saliva a suscitarvi con uno zolfanello le solenni meraviglie della luce; per la fimmina r'e sanquetti, pronta ad accorrere al capezzale del pletorico col suo boccale pieno di domestici mostri; per lo scucciarinu che, dopo aver consumato fuorivia su rozze e cani randagi i suoi riti sinistri, tornava in paese portando sulle spalle un sacco di pelli sanguinolente – e lo seguiva, roteando lenta, una nuvola di corvi; per la pilucchera che andava di casa in casa a pettinare e a sciogliere capigliature inestricabili e ferine come criniere; per l' ammola fuoffici e cutedda, aspettato alla finestra con impazienza dalla solerte sartina e dal pensoso assassino... Quanti modi di campare, allora, uno più fantasioso dell'altro: 'u luppinaru, 'u vastasi, 'u gnuri, 'u tincituri... Più in basso, naturalmente, nel girone più nero, c'era il contadino. (it) |