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Bilanci di fine anno. Sono stato a lungo incerto se includere o non includere Il pendolo di Foucault fra i libri più brutti letti nel corso dell'88. A farmi decidere per il no è stata la convinzione che non può essere brutto un libro che in nessun caso avrebbe potuto essere bello. Il bello, in letteratura, è una sorta di utilità marginale: nasce, se nasce, dal sovrappiù di senso che lo stile riesce a strappare al di là della realizzazione del progetto. E basta aprire il secondo romanzo di Eco per accorgersi che non vi spira alito di stile, che il motorino della scrittura ce la fa appena a smuovere la carretta dell'intreccio con il suo greve carico erudito. Il pendolo di Foucault può assomigliare a tutto – a un'inchiesta dell'"Espresso", a un'enciclopedia tascabile, a un'annata della "Settimana enigmistica", al "papiro" di una matricola – tranne che al libro di uno scrittore. Sotto il profilo letterario Eco va assolto per non aver commesso il fatto. (it) |