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in quella chiesa dedicata al protomartire, d'apparenza così modesta all'esterno , familiare e strana, intimamente ricca ma raccolta senza grandigia, tutti i germi degli sviluppi posteriori covano in tranquilla convivenza confidente nel futuro. È in essa già quella fusione degli elementi più disparati, per cui poi la città intera arriva ai nostri giorni assimilando perfettamente ogni influenza e dono dell'epoche nel suo volto originale di pietra. Chè Bologna è soprattutto pietra, architettura: evita persino la lusinga di un fiume per non deviare dalla sua astrale geometria in giochi di riflessi effimeri. E dall'Appennino sembra solo accogliere l'invito a modellare l'informe, a trasportare le possibili figure dal sonno della materia immobile nella realtà umana di una nuova natura, definita, organizzata. (it) |