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Il paese è un tipico borgo dell'entroterra ponentino, con le case che si arrampicano sul declivio come profughi in cerca di salvezza, come i clandestini – ebrei poi nordafricani poi curdi poi slavi – che da sempre attraversano questo luogo di frontiera addossato alla Francia ma ancora riviera ligure, anzi Riviera dei Fiori, sfidando la notte di boschi e montagne insieme ai passeur, uomini che contrabbandano uomini, come il Varì di Vento largo. Strade smilze, appese, aggrovigliate, incoronate da archi e sigillate da volte, una vecchia macina di pietra a dare il benvenuto all'ingresso, di fronte al comune, e poi gradini su gradini, abitazioni pensili e case diroccate, la chiesa parrocchiale bianca rosa e arancione dei Santi Fabiano e Sebastiano a sovrastare la piazza, e lenzuola stese da una finestra di fronte ad allungare ombre sul sagrato, porte di legno chiuse con uno spago attorcigliato a un chiodo nel muro, odore di muffa e di cantine, odore di cibo, pareti affrescate da artisti locali e porticine scure dietro cui si muovono vite che nemmeno provo a figurarmi, nel deserto del pomeriggio estivo. (it) |