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Nell'entusiastica e forse eccessiva rivalutazione della comicità di Totò in questi ultimi tempi, dovuta – credo – in gran parte anche alla martellante divulgazione che ne fa la tivù riproponendone spessissimo quei film, si disserta e disquisisce sempre della genialità del principe De Curtis, dimenticando che per lui lavoravano abili artigiani della risata – e qualcosa di più – del calibro appunto di Marchesi e Metz. Un milanese e un romano che, all'indubbia, istintiva originalità del grande clown napoletano, sapevano fornire sceneggiature di ferro, inattese situazioni adatte a scatenarne tutto l'estro, abili diversioni della storia per inserire e valorizzare le performances più classiche e i pezzi di repertorio più sicuri di anni di palcoscenico. (it) |