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Di questa realtà, Leonardo Sciascia, dopo Verga, dopo Pirandello, dopo Brancati, dopo Tomasi di Lampedusa, è stato l'interprete più acuto, più sensibile, più spassionato: ne è stato l'interlocutore ferito, umiliato, anche stranamente, inconfessatamente correo. Vediamo in quale modo. Sciascia è anzitutto un narratore, e come tale è posseduto da stupore nei confronti della materia che lo ispira – la Sicilia, la "sicilitudine". Si è detto che egli fosse un moralista. Ma il moralista non secerne dubbi, non si mescola ai peccati che condanna, non li rappresenterebbe mai in quella sostanza personalissima, ambigua e trasparente che è il linguaggio. Li denuncerebbe. Il moralista manca d'ombra, grande o piccola che sia. Lo stupore di chi narra, e di Sciascia in specie, è di chi non si sottrae alla cattura della pietà e dell'ironia, del dolore e del sorriso. (it) |