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Dipinta a mano campeggia solitaria | l’insegna della rinomata barbieria | di mastro Epifanio Lanza fu Gioacchino | in via delle Rimembranze, | vicino alla Matrice. || Dentro: quattro paesani in oziosa chiacchiera | e uno insaponato, un vassoio con sei caffè, | un ingrommato pendaglio moschicida | e un calendario consumato da occhi sbottonati. || Con polso sicuro il barbiere maneggia il rasoio | mentre con la mano libera accende sgraziati gesti | a significare passionali assensi o dissensi | che un vecchio specchio faticosamente raddoppia. || Non assolve e non guarisce mastro Lanza: | ad altri di uffici così estremi la spettanza. | Scipiti entrano i fatti nella bottega delle dicerie | e insaporiti escono con il pepe delle vanterie. (it) |