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Grandi ne sono le figure; costruite – animali o divine – di forme strapotenti; estranei i volti; labbra altere, nobile l'arco delle ciglia, robuste guance, mento intorno a cui fluisce la vita; sono ancora sembianti umani? Nulla in loro allude al mondo in cui respiro e mi muovo. Non sono davanti alla più estranea estraneità? Non fissa qui da cinque volti verginali l'eterno orrore del caos?
Ma, Dio mio, quanto sono reali! Hanno una presenza sensuale che toglie il respiro. Costruito come un tempio s'eleva il loro corpo sui piedi splendidi e forti. La loro solennità nulla ha delle maschere; il volto assume il suo significato dal corpo. Sono donne nubili, fidanzate, sacerdotesse. Nei loro volti è il rigore dell'attesa, l'eletta forza e nobiltà della loro razza, una consapevolezza del proprio grado. Hanno parte a cose oltre ogni comune presentimento.
Quanto sono belle! I loro corpi mi convincono più che il mio proprio. (it) |