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Una donna che abitava nei pressi della scuola-prigione, udendo i suoi lamenti, ebbe il coraggio, verso sera, di avvicinarsi alle imposte: Norma, ancora legata al tavolo, invocava i genitori, chiedeva aiuto, chiedeva acqua, chiedeva pietà. Dopo giorni di sofferenza, la povera ragazza fu condotta nel paese di Santa Domenica dove il solito «Tribunale del popolo» la condannò sbrigativamente a morte insieme ad altri ventisei compagni di sventura. Per tutti, la tomba doveva essere una foiba di Villa Surani. I morituri furono legati insieme e scortati fino al luogo dell’esecuzione da sedici partigiani titini. Norma non si reggeva in piedi, ma prima di precipitarla nella voragine, i giustizieri vollero ancora approfittare di lei. E dopo avere infierito su quel povero corpo ormai inanimato, le recisero i seni e le conficcarono un legno nei genitali. (it) |