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Ci sono poi dei credenti che incominciano a domandarsi: «che cosa mi dà la messa?». Alcuni se ne distaccano. Per «coerenza». A che scopo fare un gesto per puro dovere, se di fatto io sento che per me non significa niente? Meglio fare qualche cosa per gli altri. Giusto. Infatti l'eucaristia celebrata in alternativa all'esercizio della carità è il segno di una vita sterile . Altri elaborano una sorta di rassegnazione non priva di attesa che qualche cosa possa infine accadere. Vengono messa per «rispetto» verso la religione. Quando possono, ovviamente. A quale scopo infatti cercare il coinvolgimento della propria vita nella celebrazione dell'eucaristia, dal momento che i problemi della vita sono di tutt'altra natura? Giusto. Giusto perché senza legame con la vita il sacramento muore nel suo rito. E ognuno nel suo brodo.
Ma tu che porti nella celebrazione comune? Il Signore Gesù è in grado di far diventare cibo per un'immensa folla pochi spiccioli di pane e di pesce. Ma la bellezza del segno è che egli non moltiplica propriamente del cibo, bensì la disponibilità di alcuni a prendersi cura della fame altrui. Della fame altrui, capisci? Qualcuno deve sporgersi oltre la propria fame, affinché tutti siano saziati. I discepoli sono quelli che celebrano, nell'eucaristia, la loro disponibilità a sporgersi, nella vita, oltre la propria fame. E questo deve apparire nella celebrazione dell'eucaristia. Nella cena Gesù si sporge oltre la propria vita. E oltre la morte. I discepoli «discutevano fra loro su chi sarebbe stato il più grande» nel regno che doveva venire. L'eucaristia non diede loro niente che potesse appoggiare questa eccitazione e questo bisogno di aiuto. Nessuna prospettiva, alcun incoraggiamento. Infatti, quando il Signore fu morto per davvero, rimase soltanto la paura.
L'eucaristia è il buon pane che ci nutre. È il pane spezzato che ci dà la grazia di riuscire a sporgere ben oltre la nostra vita, in favore della vita altrui. Ha bisogno del nostro desiderio di stare con il Signore e di mangiare la Pasqua con Lui, per imparare a vivere per Lui. E a morire per altri. Sarà sempre poco quello che noi portiamo all'eucaristia. E sempre distratti ci ritroveremo, lì, nell'ascolto della parola. Ma se desideriamo ascoltare anche per altri, la parola arriverà pure a noi. Se desideriamo che altri abbiano cibo, noi stessi verremo abbondantemente nutriti. L'eucaristia deve cessare di apparirci come il gesto generoso che facciamo per il Signore, anche quando «ne caviamo poco» per noi stessi. Chi viene soltanto per mangiare, mangi a casa sua, diceva già Paolo . (it) |