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Kleist sapeva che questo carmen non prius auditum apriva una nuova strada – per nessun altro forse che sé. Ritorna la forma di carmen perpetuum senza divisione in atti, per questa eruzione ditirambica del suo carattere più intimo, che, solo per la necessità di concretarsi plasticamente, assume le spoglie drammatiche. Ma il furore d'azione kleistiano qui s'individua, esplode e ripiega, nel furore d'amore: l'èrōs aníkatos máchan qui investe tutta l'esistenza, fino a troncarla nell'impeto del delirio. Eros è qui la vera anima mundi: da lui sorge ogni movimento e da lui nasce alla fine – per una tipica ritorsione kleistiana del soggetto su se stesso – invece della vita, la morte. (it) |