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Avevo undici anni, ero bravo. Giocavo a centrocampo ma avevo già spiccate doti offensive. Ogni tanto mi schieravano anche come difensore centrale. Andai in una società del mio paese e lì trovai un allenatore che mi faceva piangere. Mi ripeteva sempre che ero piccolo, che dovevo aspettare, che dovevo crescere. Aspettai e a diciassette anni, quando giocavo in Serie B, mi vide un osservatore del Widzew Łódź. Mi presero e andai a trecento chilometri di distanza. A mia madre, che non voleva, promisi che mi sarei diplomato e laureato. Lo feci. (it) |