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In una città che si approssima a quella eterna, l'opera d'arte dovrebbe diventare sacra e il sacro mutarsi in arte. Ciò non è però conseguibile nel tempo; si può giungere solo a una conciliazione, mai a un risultato durante lo scontro delle immagini. Nella città eterna non esistono templi, poiché l'arte è giunta alla bellezza non soggetta al tempo, scopo a cui, peraltro, mira tanto instancabilmente quanto invano. Dobbiamo appagarci di quello che ci viene offerto, al pari della vecchietta che venera un osso come una reliquia.
Perlomeno l'atemporalità non ci è estranea. Procediamo da essa e verso di essa andiamo. L'atemporalità ci accompagna durante il viaggio come l'unico bagaglio che non può essere smarrito. Essa getta le sue ombre su di noi quando soffriamo e ci dona la vita quando la sua luce ci sfiora. (it) |