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Rispetto al grande modello del romanzo ottocentesco, Stevenson appare un epigono e insieme un postero. Da un lato sembra un narratore settecentesco quasi ingenuamente convinto, come i ragazzi e i loro libri d'avventure, che il mondo sia ancora a disposizione dell'energia individuale. D'altro canto, come del resto molti autori del Settecento che ci appaiono oggi così vicini, è uno scrittore di arabeschi consapevole che l'immagine totalizzante e compatta del mondo e della storia, ritratta nel grande romanzo realistico-sociale, s'è infranta, come le strutture narrative che l'avevano così grandiosamente rappresentata, e che soltanto in alcune schegge e in alcuni frammenti, quasi relitti lasciati sulla riva da un naufragio, risplende l'immagine di quella totalità perduta. (it) |