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Cercai di sostenere che ciò che stavano vedendo non era una rivolta come quella del 1960, ma il classico scenario di una rivoluzione, e noi avremmo dovuto agire di conseguenza. L'imperatore, però, cambio di colpo argomento e cominciò a parlare dei vecchi tempi e di mio padre Kassa Hailù, del cui saggio consiglio sentiva la mancanza. Andò avanti parecchio a rivangare il passato e io on riuscii più a riportarlo ad affrontare i pericoli odierni. Era come se egli trovasse un sollievo nel passato e non volesse essere messo a confronto con la sinistra realtà di oggi. Per la prima volta nella mia vita compresi che tutto questo contava moltissimo per lui. Egli aveva rivelato alcuni segni di stanchezza negli ultimi mesi, ma niente era al confronto di oggi. Sembrava, alla fine, che dovesse soccombere a qualcosa che egli aveva sempre combattuto per decenni: la vecchiaia. Quando lasciai il Palazzo del Giubileo, mi sentivo molto triste e capii che l'era di Hailè Selassiè stava per finire e che nessuno di noi sarebbe stato capace di fare qualcosa per impedirlo. Come sarebbero state diverse le cose se noi avessimo avuto oggi l'Hailè Selassiè che noi abbiamo conosciuto nel 1941. La volpe che ideò lo stratagemma per riacquistare la sovranità etiopica che i nostri alleati inglesi ci contestavano, avrebbe sicuramente intuito la gravità della nostra situazione e avrebbe trovato una via d'uscita da questo dramma senza speranze. (it) |