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Non senza ragione Boccaccio ha fatto della descrizione della peste del 1349 l'introduzione e il preludio dei suoi racconti frivoli. L'immaginazione ne è tanto rapita, che un resto di spavento ci unisce a tutte quelle risa sfrenate... Questa leggerezza sfrenata in tanta desolazione, questa esultanza di gioia nel gran cimitero, questa società a cui resta solo un giorno di vita, e che, in quella villa, sotto quelle ombre magnifiche, sfiorate appena dal terrore della peste, invece di pensare ai funebri rintocchi della Chiesa, alle minacce e alle promesse della vita futura, si fa di ogni ora un piacere, e raccoglie tutti i suoi ricordi allegri; quale poesia audace e nuova! (it) |