Mention847381

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so:text La jena viene spesso dagli Arabi confusa con lo sciacallo, non perché non vi sia una enorme differenza di tipo, ma perché usano chiamarla collo stesso nome. Le jene che si osservano nelle contrade del Sennar sono molto più piccole di quelle d'Abissinia, ed i naturalisti francesi le rassomigliano ad un cinghiale: le une e le altre però hanno comuni gli istinti feroci. Il mantello è di un colore cenere scuro, tra cui risalta una doppia fila di peli grossi ed irti, tendenti al rosso, che dall'occipite discendono in linea retta sul dorso. Molto lungo è il muso, il cranio quasi schiacciato, le gambe sottili, e le due posteriori deboli, tantoché vedendole correre si direbbero ferite, essendo il loro passo molto sciancato. Tra le belve la jena rappresenta quanto v'è di feroce senza generosità e forza, quanto di crudele senza coraggio, quanto di schifoso senza ombra di pudore; estremamente vile, muore più facilmente fuggendo che combattendo. Cheché ne pensino viaggiatori poco coscienziosi, io credo che la jena non abbia mai costituito un serio pericolo per la vita dell'esploratore. Occupata a procacciarsi le prede morte, essa non vive che nei cimiteri, ed erra dove la sventura colpì qualche stanco viandante o qualche qualche povero animale. (it)
so:isPartOf https://it.wikiquote.org/wiki/Pellegrino_Matteucci
so:description Sudan e Gallas (it)
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