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L'origine psicologica del concetto di spazio, o della necessità di esso, è lungi dall'essere così ovvia come potrebbe apparire in base al nostro abituale modo di pensare. Gli antichi geometri trattano di oggetti mentali , ma non propriamente dello spazio in quanto tale, come più tardi è stato fatto dalla geometria analitica. Il concetto di spazio, tuttavia, è suggerito da certe esperienze primitive. Supponiamo che si sia costruita una scatola. Vi si possono disporre in un certo ordine degli oggetti, in modo che essa risulti piena. La possibilità di queste disposizioni è una proprietà dell'oggetto materiale "scatola", qualcosa che è dato con la scatola, lo "spazio racchiuso" dalla scatola. Questo è qualcosa di differente per le varie scatole, qualcosa che in modo del tutto naturale viene pensato come indipendente dal fatto che vi siano o no, in generale, degli oggetti nella scatola, Quando non vi sono oggetti nella scatola, il suo spazio appare "vuoto". Fin qui, il nostro concetto di spazio è stato associato alla scatola. Ci si accorge però che le possibilità di disposizione che formano lo spazio-scatola sono indipendenti dallo spessore delle pareti della scatola. Non sarebbe possibile ridurre a zero tale spessore, senza che si abbia per risultato la perdita dello "spazio"? La naturalezza di tale passaggio al limite è ovvia, e ora rimane al nostro pensiero lo spazio senza scatola, una cosa autonoma, che tuttavia appare così irreale se dimentichiamo l'origine di tale concetto. Si può capire che ripugnasse a Descartes il considerare lo spazio come indipendente da oggetti corporei, capace di esistere senza materia. (it) |