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Lo trovai fra una dozzina di giovani in una stanza dove non era altro arnese che libri negli scaffali, su le tavole, su le seggiole; ed in un canto v'era il suo letto dietro un paravento. "So che amate i giovani, io gli dissi, ed io desidero farmi aiutare da voi." "Bravo, giovanotto; se vuoi studiare saremo amici. Vediamo quello che sai: spiegami un po' degli Uffici di Cicerone." Spiegai, risposi a varie domande: "Bene, batti sul latino ogni giorno: ogni giorno una traduzione dal latino, e una lettura d'un trecentista. Nulla dies sine linea." E mi accettò tra i suoi scolari. Ei non viveva che di studi, in mezzo ai giovani ai quali era compagno ed amico: con essi studiava, con essi passeggiava, con essi lavorava ai comenti dei molti classici che fece ristampare per diffondere la buona lingua; ad essi dava consigli, libri, avviamento; molti ritrasse dai pericoli, a molti diede anche del suo. Sapeva bene il latino, bene il greco antico, parlava il moderno, benissimo il francese: pieno di motti e di lepori, facile all'ira, facilmente placabile, ebbe animo sempre giovanile, e seppe mettersi a capo di dugento giovani senza dare sospetto a chi reggeva. (it) |