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Ai nostri giorni, il suicidio è considerato un fatto di neurastenia, anzi di viltà, ed esso crea una sensazione di orrore. Presso i Romani, lo compiono gli uomini più degni e più posati: arriva un momento in cui la somma dei disgusti che si provano e che si aspettano è troppo superiore alla somma dei diletti; ci si uccide, e questo viene chiamato l'«uscita ragionevole» . Non ci si dice che Bruto o Menenio si siano suicidati in una crisi di depressione nervosa; ci si dice che sono vinti e ci si fa capire che s'instaura un ordine che non vogliono sopportare; questa ragione pare più che sufficiente per giustificare il loro suicidio. (it) |