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Prendendo le mosse da un classico quesito di Mario Pagano, celebre pensatore e giurista napoletano di fine Settecento , l'agile volumetto dovuto alla penna fluida dello storico Nico Perrone si sviluppa su due piani diversi, spesso tra loro intersecati . Da un canto vi è il piano della vicenda storica, sullo sfondo dei fermenti giacobini alla vigilia della Repubblica partenopea, soprattutto incentrata sul famoso processo istruito nel 1794 contro Emmanuele De Deo, accusato di lesa maestà per avere cospirato contro la corona borbonica e, perciò, condannato a morte al termine di un giudizio celebrato in forma sommaria, senza reali garanzie e sulla base di prove di scarsa consistenza. D' altro canto, e proprio in rapporto alla realtà processuale del tempo, vi è il piano della analisi dedicata a un singolare istituto consistente in una sorta di transazione tra accusato e accusatore sulla entità della pena da infliggere al primo, al di fuori di un normale processo, anche sulla base delle dichiarazioni rese dal medesimo a carico di sé o di altri . È facile immaginare a quali oscure manovre potesse dar luogo un istituto del genere, soprattutto nel contesto di un sistema sostanzialmente antigarantistico come quello borbonico. (it) |