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Non ignorava il marchese Tanucci essere i Gesuiti approvati e lodati dalle costituzioni apostoliche di quasi tutti i Sommi Pontefici, e invece la massoneria dalle costituzioni apostoliche di due Papi condannata, ed insieme condannata dal regio editto composto forse da lui medesimo nel 1751. Non ignorava avere sempre i Gesuiti difeso ed amato e servito la monarchia borbonica, come la patria e la religione; laddove egli stesso aveva giudicato la massoneria come avversa all'altare, al trono, al buon costume. Eppure settecento Gesuiti furono soppressi ed infamati da lui, mentre più migliaia di liberi muratori si godevano i suoi favori. Con ciò il Tanucci riscosse grandi lodi dagli uomini del suo tempo, e dal gran numero degli storici odierni è tuttavia celebrato come statista di grandissimo senno, e come benemerito della patria. Se il togliere i difensori ad uno Stato e l'accogliere i suoi nemici costituisce un titolo di patria beneficenza e fonda il merito di grandezza civica, il marchese Tanucci ha titoli e meriti di vero grand'uomo. Se invece tali opere sono giudicate meritevoli di tutt'altro giudizio, egli non può sfuggire dinanzi alla storia all'addebito di aver scavato la fossa ai re suoi padroni. (it) |