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Quando arrivai qui la settimana santa volgeva al termine. La folla straniera prossima a disperdersi riempiva ancora il corso e la piazza di Spagna. Roma ridiverrà se stessa soltanto alla partenza d'una folla che l'anima di una vita a lei estranea. Tuttavia il suo carattere è abbastanza profondo per liberarsi dal cerimoniale di questi giorni di festa; la sua severità assorbe le parole e le forme che le vengono prestate; i suoi edifici dai pesanti muri che anneriscono alle esalazioni d'un fiume melmoso, le sue strade lunghe e buie sembrano consigliare il raccoglimento nell'effusione del loro cupo corruccio. L'architettura ha quella pesantezza che esprime la potenza materiale, l'anima non si riflette da nessuna parte e le eleganze che lo stile del Rinascimento ha prodotto qua e là sembrano spaesate: ciò che colpisce è ora il monumento dello splendore cesariano, ora la casa irregolare del Medioevo. Se ci si allontana dal centro della città, si calcano, su un lastricato umido, delle vie deserte. Appena, di tanto in tanto, vi si incontra qualche «pifferaro», o un gruppo di scioperati che giocano alla «morra». Angusti giardini, ornati d'aranci che fioriscono nell'ombra, separano canove e rovine, o ci si può fermare su vaste piazze dove antichi palagi dormono sull'erba. La piazza di San Giovanni in Laterano offre la più nobile solitudine. (it) |