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Il padre Ventura, uno dei più bei nomi che vanti il clero italiano, ebbe l'esilio da Napoli, e la censura dell'Indice di Roma per aver scritto una orazione funebre sui morti di Vienna nel 1848; la Civiltà Cattolica dopo la sconfitta di Castelfidardo ha pubblicato elegantissimi articoli, nei quali ad ogni pagina son chiamati e dimostrati veri martiri. Non mi voglio intromettere di una questione così delicata e pericolosa, nella quale il giudizio solo dell'Onnipotente ha sicura la pupilla. La mia osservazione non batte là, ma sulla conclusione che dice così: «possano queste considerazioni servire di qualche refrigerio a tante famiglie che sono in lutto per l'Europa e lamentano la perdita di alcuno dei loro amati». Vi sono altre famiglie in lutto, e sono famiglie cristiane, cattoliche e italiane: queste non chiedono che i gesuiti scrivano il panegirico dei cari che lamentano. Ma la pietà che non si rifiuta alle belve; ma quello squisito sentimento di umanità e di mestizia che rende ogni uomo generoso, eziandio verso gli sconosciuti e i nemici, se per avventura li trova la perdita di un fratello e di un figlio; voleva si risparmiassero i nomi di figli ribelli, di cristiani scomunicati, di fedeli in armi contro il Vaticano – empi che menan trionfo, gavazzando tra stragi e incendi – che irruppero ladronescamente a riportare una vittoria, più vergognosa d'ogni sconfitta. (it) |