so:text
|
Ma subito trovò da esaltarsi di fronte al mare di Taormina. – Che mare! E dove c'è un mare così?
– Sembra vino – disse Nené.
– Vino? – fece il professore perplesso. – Io non so questo bambino come veda i colori: come se ancora non li conoscesse. A voi sembra colore di vino, questo mare?
– Non so: ma mi pare ci sia qualche vena rossastra – disse la ragazza.
– L'ho sentito dire, o l'ho letto da qualche parte: il mare colore del vino – disse l'ingegnere.
– Qualche poeta l'avrà magari scritto, ma io un mare colore del vino non l'ho mai visto – disse il professore; e a Nené spiegò – Vedi: qui sotto, vicino agli scogli, il mare è verde, più lontano è azzurro, azzurro cupo.
– A me sembra vino – disse il bambino, con sicurezza.
«Il mare colore del vino: ma dove l'ho sentito?» si chiedeva l'ingegnere. – «Il mare non è colore del vino, ha ragione il professore. Forse nella prima aurora, o nel tramonto: ma non in quest'ora. Eppure, il bambino ha colto qualcosa di vero: forse l'effetto, come di vino, che un mare come questo produce. Non ubriaca: si impadronisce dei pensieri, suscita antica saggezza. I dialoghi di Platone dovrebbe recitarli Eduardo De Filippo: in napoletano. Ma qui siamo in Sicilia, forse non è la stessa cosa».
Il treno correva lungo il più splendido mare che avesse mai visto: a momenti pareva assumere l'inclinazione dell'aereo quando decolla, il paesaggio rovesciato da un lato, a filo del volo. (it) |