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Mi pare di scrivere in una lingua di poesia vitalissima. So bene di votarmi alla marginalità, so bene di trovare non più che pochi lettori. Ma so altrettanto bene che per me questa è una necessità, e che in questa necessità confido. Coltivo in me il sentimento – cliente di Vassalli in questo – della cenere e della polvere. Scrivo una lingua, la lingua dei miei, che mi rappresenta appieno. Ma non dimentico mai l'orizzonte internazionale a cui non smetto di guardare. Né mai dimentico che la gloria letteraria non è più di questo mondo. (it) |