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Non potevamo perderci per niente al mondo lo spettacolo d'arte varia di un Sanremo inattrezzato come certi maschi alle prese con i femminismi, un festival che per non scontentare nessuno le tenta tutte: il monologo sulla violenza, il sermone sulla bellezza, le stecche dell'uomo che piange perché si sente inadeguato a interpretare una donna, il tentativo maldestro di fare del "passo indietro" un tormentone, le artiste unite dalla sorellanza, l'evocazione comico-medianica di una delle donne più potenti della tv, le gaffe di quello che si è iscritto alla laurea breve per acquisire il lessico corretto in una settimana e se ne esce con cose tipo "l'artista femminile", l'effetto soporifero di quell'altro che per cinque minuti ha avuto un momento di gloria perché una volta aveva insultato le ragazze in una canzonetta, il permesso prima di presentare qualcuna come bella e sempre precisando: e intelligente, le pacche sulla spalla fra maschi "eh ma non si può più dire niente", i baci tra maschi per significare che invece loro sono aperti, la tanto intensa lettura della Bibbia laddove un tempo era tutto uno sparigliante inno alla patonza. Insomma, il caos, l'imbarazzo, il disagio. (it) |