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L'opinione pubblica viene dunque schiacciata. Fra gli esponenti antifascisti, alcuni sono stati uccisi o sono morti in seguito alle aggressioni fasciste, come Amendola, capo dell'opposizione liberale, come il giovane torinese Piero Gobetti, che dalla prima ora aveva raccolto gli oppositori attorno al giornale da lui fondato a Torino, «La rivoluzione liberale». Altri, Turati, Treves, Modigliani, ecc., sono costretti, dopo il 1925, a prendere la via dell'esilio. Lo storico Salvemini, professore a Firenze, è in esilio. In esilio Nitti, ex presidente del Consiglio; in esilio don Sturzo, come pure il conte Sforza, ex ministro degli Esteri. Giolitti muore nel 1928. Di coloro che sono rimasti in Italia, buon numero è in carcere. Piú d'ogni altro, il partito comunista prosegue la sua attività clandestina; ma l'azione deve svolgersi in segreto, e bisogna pagare un pesante tributo personale ogni qualvolta si cade in mano al tribunale per la difesa dello Stato. Gramsci, il dirigente comunista, è in prigione e ne uscirà solo per morire. Rosselli finirà pugnalato in Francia ad opera di sicari fascisti. (it) |